Rita Atria, Volevo nascere vento
Ecco la storia di Rita raccontata “a due voci”: Gabriele, il ragazzo di Rita racconta la storia e Rita commenta il racconto esprimendo i suoi stati d’animo (frasi tratte dal libro)
· Mi chiamo Gabriele, incontrai Rita Atria ai Musei Vaticani. Eravamo in una stanza dei Musei, solo io e lei, mi colpì subito la sua bellezza, mi volevo avvicinare e dirle qualcosa…Ma lei sembrava spaventata, si allontanava, prima lentamente, poi correndo. Arrivò fuori, ma io continuai a seguirla.
Quando l’ho raggiunta era seduta su una panchina, mi sedetti vicino a lei, le toccai la spalla e le chiesi come mai si spaventasse. Lei mi chiese perché la stessi inseguendo e io le risposi che mi chiamavo Gabriele e non volevo altro che conoscerla. Poi finalmente mi porse la mano e gliela strinsi, le dissi che sembrava del sud e mi disse che era siciliana. Wow, non ci poteva essere cosa migliore, pensai, e le dissi che ero calabrese e che facevo il militare a Roma. Poi le chiesi di fare un giro.
Fuori Roma mi sembra immobile. Sembra essersi fermata per guardarci. Come si fa al cinema. Tutti fermi a guardare i due protagonisti. Mi sento come il Vagabondo quando cammina solo per la città. Poi incontra Lilli
Le chiesi di raccontarmi qualcosa su di lei, ma fu molto difficile farle dire qualcosa. All’inizio non mi disse neanche il suo vero nome, mi disse che si chiamava Margot, e che non poteva uscire molto perché aveva da studiare. Solo dopo tempo venni a sapere che veniva da Partanna, in Sicilia, e ora viveva a Roma con Piera, sua cognata. Da bambina pensava che suo padre fosse un brav’uomo, ma poi scoprì che non era vero. Mi raccontò che da piccola trovò una pistola, oggetto a lei ancora sconosciuto, nel cassetto e sua madre le intimò di posarla subito. Il padre le voleva bene, a modo suo; una volta le raccontò che quando aspettava lei la madre voleva abortire, ma lui costrinse il dottore a dire alla moglie che se abortiva sarebbe morta pure lei. Un giorno sua cognata chiese a suo padre perché lo chiamavano mafioso e il padre disse che lui era un mafioso buono. Quando scoprì che suo fratello Nicola si era messo in cattivi giri Piera lo lasciò, ma suo padre le disse che sarebbe comunque restata sempre la nuora di Don Vito. Poi mi raccontò che un giorno fece una passeggiata con il padre ma stranamente nessuno lo salutava. Il giorno dopo fu ucciso. Nicola giurò di vendicarlo. Poi mi disse che mi aveva già raccontato molto, il resto lo scoprii in seguito.
o Tutto questo ti direi, tutto questo ti racconterei, Gabriele. Ma io di me non posso raccontare nulla. Io non ho nome, non ho storia. Tu mi vedi, ma è come se non esistessi. Non ho un passato. Non so se ho un futuro. Ho solo il presente. Tu mi vedi, ma io sono invisibile, proprio come il Mostro.
s Il peggior giorno della mia vita è stato quando mi hanno chiamato a fare il militare in Albania. Ho cercato di chiamare Rita, non rispondeva, allora le ho scritto una lettera nella quale le spiegavo la situazione, promettendole che mai l’avrei abbandonata e che ci saremmo sentiti tutti i giorni. Lei stava male in quel periodo, ma essendo innamorata di me decise che al mio ritorno sarebbe venuta a vivere con me, e lo comunicò a Piera.
Ecco, io pensavo che visto che oramai sono grande, e visto che tra poco diventerò maggiorenne, e visto che prima o poi tornerà anche Gabriele…[…] Voglio chiedere il trasferimento Piera[…] Piera ovviamente verrei a trovarti sempre. Ma vorrei una casa tutta per me. Vorrei chiedere allo Stato una casa tutto per me. Prima ci starei sola, poi quando torna con Gabriele
· Ma questo giorno non arrivò mai. La ragazza che ho amato e che avrei voluto che diventasse mia moglie si è suicidata mentre io ero in Albania. Lei, nata a Partanna in provincia di Trapani da una famiglia mafiosa, perse il padre ad 11 anni e il fratello qualche anno più tardi. Dopo l’omicidio del fratello, avvenuto davanti a Piera e alla figlia Vita Maria nella pizzeria aperta da poco, Piera decise di testimoniare e di entrare nel programma di protezione. Dopo Poco anche Rita la seguì e si affidò al giudice Paolo Borsellino, che lei amava intensamente; lo chiamava zio Paolo’’. Si sentiva sola, spaurita, e lui era il suo faro. Quando Borsellino fu ucciso lei perse le speranze e la forza e la fece finita, troncò la sua vita e anche il nostro amore
Mi avvicino alla ringhiera. L’unica cosa che oggi so fare è volare. Una rondine che vola, un grillo che canta. Un giro di fisarmonica che parte all’improvviso. Mi piacerebbe ascoltare tuto questo ma niente c’è ora qui. Ci sono solo io, da sola. E la paura. […..]Guardo giù, ora, nel precipizio. Volevo nascere vento. Vento che vola, lassù. E poi torna giù e porta quel soffio sul mare, e muove il mare, e spinge le onde, spinge le onde, perché la vita è così, la vita è una vita di onde, onde che sono piccole onde, onde che sono cavalloni, ma alla fine poi le onde sbattono sopra le rocce e di loro nulla rimane, rimangono solo le rocce
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